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Libro LA VERITÀ AUSTRIACA SULL'ORTIGARA - di Sedlar a cura di Pozzato, Dal Molin

Storia

La Verità Austriaca sull'Ortigara

Il libro LA VERITÀ AUSTRIACA SULL'ORTIGARA di Otto Sedlar a cura di Paolo Pozzato e Ruggero Dal Molin con foto dall'Archivio Storico Dal Molin

  • Titolo La Verità Austriaca sull'Ortigara
  • Sottotitolo N/A
  • Pagine 208
  • Prezzo di copertina € 22,00
  • Casa Editrice Itinera Progetti
  • Autore/i Otto Sedlar (Autore), Paolo Pozzato (Curatore), Ruggero Dal Molin (Curatore)
  • Data Pubblicazione 2012
  • ISBN 10 8888542485
  • ISBN 13  978-8888542485
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La verità austriaca sull’Ortigara solleva, come titolo, una perplessità inevitabile.

Se il libro racconta una verità, in questo caso quella relativa alla battaglia offensiva condotta dalla 6ª Armata italiana nel giugno 1917, e reciprocamente quella difensiva affrontata dal III C.d.A. austro-ungarico, tale “verità” non dovrebbe essere connotata da alcun aggettivo. Dovrebbe in buona sostanza essere la verità e basta.

Tanto più che in prossimità del centenario dalla fine di quei tragici avvenimenti, che condussero l’Europa al più feroce conflitto generale dalla guerra dei Trent’anni, sarebbe lecito attendersi dagli storici, che a tale compito sono deputati per professione, una versione di quanto realmente accaduto condivisa, o almeno condivisibile da entrambi gli schieramenti.

Soprattutto se si pone mente al fatto che nessun evento storico, come una guerra in età contemporanea, e oggetto sistematico, e in certi casi addirittura maniacale, di documentazione.

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Non c’è reparto, anche di piccole dimensioni come una compagnia o un plotone (un centinaio o a volte solo poche decine di uomini), di cui non si possa conoscere la dislocazione, ricostruire gli ordini di impiego, sapere il nome e a volte la storia del comandante, spesso seguire le vicende pressoché ora per ora. Non c’e realtà, dalle condizioni di vettovagliamento a quelle meteorologiche, dallo stato morale ai provvedimenti disciplinari, dagli spostamenti ai luoghi e periodi di impiego e di riposo, di cui non si conservi traccia negli archivi.

A tratti i verbali di interrogatorio degli ufficiali fatti prigionieri, come nel caso di uno dei più ricchi repertori dell’Archivio Storico dell’Esercito italiano, o i Gefechtsberichte (rapporti di combattimento), conservati in buon numero al Kriegs Archiv Wien, consentono persino di scoprire i punti di vista, le idiosincrasie, gli eroismi e le paure di chi – con un ruolo di comando più o meno rilevante – venne coinvolto e fu protagonista degli avvenimenti.

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Perché allora non scrivere finalmente un libro che racconti la verità tout court, o – come abbiamo detto – semplicemente la verità della battaglia e che, fin dal nome, non si arrenda ad un’ambiguità irrisolta? Anche in Nemici sull’Ortigara, apparso per i tipi di questa stessa casa editrice qualche anno fa, gli autori si erano sottratti a questa responsabilità, avevano preferito raccontare non una appunto, ma due diverse battaglie: quella dell’attaccante, valoroso, sfortunato, tatticamente magnifico quanto strategicamente sprovveduto; e quella del difensore, tenace, arcigno, ingenuamente fiducioso nelle sue capacita nella prima fase, quanto tatticamente avveduto ed innovativo nel contrattacco conclusivo.

Hilfsplatz EpocaA spingerli in tal senso non era certo stata la mancanza di coraggio, o peggio di “mestiere”, quanto il fatto che proprio la ricchezza delle rispettive documentazioni sembrava condurre a due “storie” diverse, quasi che ciascuno dei contendenti fosse rimasto, anche all’indomani della fine della battaglia, disperatamente arroccato sulle proprie posizioni. Lo scontro per quel fazzoletto di terreno compreso tra le due quote dell’Ortigara (significativamente nemmeno loro concordanti nell’indicazione dei metri) era in realtà stato vinto e perso da entrambi e nessuno dei due sembrava disposto ad ammettere la sconfitta o a rinunciare alla vittoria. Nella storia come sul terreno, italiani ed austriaci rimanevano nemici sull’Ortigara.

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Ecco perché anche il presente volume non può e non vuole essere la ricostruzione oggettiva dei quasi venti giorni di combattimento che si protrassero dal 10 al 29 giugno del 1917, per chiudersi con la definitiva rinuncia di Cadorna a spingere gli austriaci lontano dalla pianura veneta, oltre l’invalicabile barriera della cortina Portule-Verena-Campolongo. Esso intende piuttosto ricostruire nei dettagli quelle giornate come furono vissute dai combattenti austriaci e raccontate nei fonogrammi, negli ordini di servizio, nelle comunicazioni e nei rapporti finali dei loro comandanti.

Hilfsplatz OggiNon si avvale quindi delle ricostruzioni successive, per quanto suggestive o persino ipnotiche, offerte dai maggiori responsabili (Goiginger, Sloninka o Lutzow) o riportate dai diari reggimentali, del 3° Schutzen, del 59° Rainer o del 14° Hessen. Segue piuttosto il primo compendio ufficiale della battaglia, redatto pochi anni dopo i fatti da un ufficiale di Stato Maggiore addetto al comando dell’11a Armata, il Magg. Otto Sedlař, e finora totalmente inedito e lo integra e lo confronta, là dove possibile, con gli stessi documenti utilizzati all’epoca dall’autore e con altri, che a lui erano sfuggiti, risultavano ignoti, non disponibili o erano stati volutamente tralasciati.

Proveniente dall’arma del genio, Sedlař era giunto in Tirolo, al posto del collega Schneider, il 9 novembre 1914, all’epoca capitano, ed aveva maturato quindi una lunga esperienza presso i comandi della zona. La capacita di questo ufficiale sono testimoniate dai ripetuti tentativi del Comando Supremo di destinarlo altrove e dalla corrispondente tenacia con cui quello tirolese ne chiese la permanenza prima ad Innsbruck e poi a Bolzano.

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La lettura che ne risulta non ha certo il pregio della scorrevolezza di una narrazione, a cui forse i non pochi lettori di Nemici si erano abituati, ma offre in compenso una serie non trascurabile di vantaggi. Innanzitutto quello del punto di vista dell’autore. Proprio nella sua veste di ufficiale addetto al comando dell’Armata nel cui ambito la battaglia fu combattuta, Sedlař ha la possibilità di seguire l’intero andamento dell’offensiva italiana in tutte le sue fasi, attraverso l’ottica delle notizie che raggiungevano il suo comando e delle conseguenti disposizioni che esso inviava alle unita dipendenti, prima di tutto al Gen. Krautwald e al comando di Baitle del III C.d.A. austro-ungarico.

Si può asserire senza tema di smentita che nessuna delle altre ricostruzioni austriache dei combattimenti difensivi sull’Altopiano dei Sette Comuni del giugno 1917 possiede una ricchezza paragonabile, sotto il profilo dei dati riferiti, delle considerazioni complessive, delle valutazioni d’insieme (non esclusi il problema logistico, l’impiego dell’aviazione, le possibili conseguenze strategiche) come delle osservazioni di dettaglio.

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In seconda battuta il testo dell’ufficiale dell’11ª Armata è un Gefechtsbericht (rapporto di combattimento) nel senso più pieno del termine. Esso infatti ripercorre le vicende del combattimento attraverso la voce dei protagonisti, come risultavano nei dispacci e nella concitazione del momento, nelle aspettative delle azioni predisposte e nelle delusioni di fronte al loro fallimento, nel palleggio reciproco delle responsabilità e delle incombenze.

Durante una Decorazione per Meriti di GuerraInfine la sua ricostruzione di questo fatto d’armi è resa ancor più significativa dalla circostanza che l’ufficio cui apparteneva, e di cui probabilmente condivideva il punto di vista, si ostino ben oltre l’inizio dell’offensiva della 6ª Armata a considerarla solo un’azione di alleggerimento, destinata unicamente a garantire condizioni più favorevoli ad un’ulteriore battaglia dell’Isonzo.

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Tutto questo non ne fa affatto una ricostruzione “oggettiva”. Quello di Sedlař e anzi un documento, importante fin che si vuole, ma comunque un documento che va letto anche in trasparenza, va compreso in quanto dice ed ancor più in quanto tace, dove dichiara e, in modo più intrigante, dove allude.

E dunque la verità sull’Ortigara, ma appunto la “verità” austriaca, coinvolta e militante, convinta – come dimostrano senza equivoci le pagine finali, peraltro intrise di profonda, sincera commozione (tra le più belle che la letteratura di guerra austriaca abbia saputo regalare) – della funzione etico-politica che le spetta, o che l’autore riteneva le spettasse (poco conta in questo caso la differenza), nella travagliata vita dell’Austria del dopoguerra. Il lettore potrà scorgere molti di questi “retroscena” nei documenti e nei confronti proposti dai curatori, saprà sicuramente individuarne altri che a noi sono sfuggiti o che la documentazione attualmente disponibile non ci ha consentito di esplorare.

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Nella tradizione tedesca della Foresta Nera, resa celebre dal titolo di un saggio di Martin Heidegger, gli Holzwege sono i “sentieri interrotti”, quelle strade cioè che si avviano decise nella foresta, come per condurre ad una destinazione precisa, ma si perdono presto perché sono appunto”strade per la legna”, sentieri destinati a smarrirsi nel bosco che servono a tagliare. Anche questo di Sedlař e inevitabilmente un Holzweg, il nostro augurio e che sia valsa comunque la pena di imboccarlo e di seguirne gli sviluppi nella speranza, che tale rimane anche se riposa su buoni fondamenti, che prima o poi incroci la “strada per la legna”, non meno ampia ed invitante, che può sicuramente partire dal margine italiano della foresta.

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