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Artemusica- Emilia, Caterina, Ida: successi e peripezie di tre donne chitarriste

lunedi 11/8/2014 alle 21:00
Cultura
nicoletta confalone

Chiesa Parrocchiale - Mezzaselva - Evento speciale:" Le storie di Emilia Giuliani, Caterina Pelzer Pratten e Ida Presti" raccontate da Nicoletta Confalone e suonate da Federica Artuso - Lunedì 11 agosto

Lunedì 11 agosto, alle ore 21.00,  presso la Chiesa Parrocchiale di Mezzaselva, Artemusica Cultura di Roana propone un evento davvero speciale, a metà tra un concerto e un avvincente racconto, incentrato sui suoni e le vite avventurose di tre chitarriste del passato.
Nicoletta Confalone, musicologa, e Federica Artuso, chitarrista,  accompagneranno gli spettatori di “Emilia, Caterina, Ida: successi e peripezie di tre donne chitarriste” in un interessante percorso musicale.

Note di sala di Nicoletta Confalone:
«La chitarra è come una donna, a cui non è concessa la civetteria del guardami, ma non toccarmi.»
Così sentenziava sul finire del Seicento Gaspar Sanz, presbitero, compositore e chitarrista spagnolo, sintetizzando efficacemente il binomio donna-chitarra, che fin dall’età barocca ha lasciato tracce iconografiche assai consistenti, intriganti, e ben superiori, almeno quantitativamente, a quelle compositive.
Basti pensare alle sinuose e femminee forme delle chitarre, che nel primo Ottocento avevano fianchi strettissimi, come strizzati da immaginari corsetti, mentre grazie a Torres, il liutaio artefice della chitarra moderna, sono diventate non solo più grandi, ma anche dotate di curve più morbide e meno esasperate; e tutto questo, guarda caso, proprio nella seconda metà dell’Ottocento, parallelamente al percorso che ha portato dalla crinolina all'abito sciolto, senza busti e costrizioni.
Dunque nell’Ottocento la chitarra alludeva alla donna, ed era leggiadro vedere una donna suonare questo strumento. Si badi bene, vedere, perché ascoltarla era un aspetto secondario, che comunque non andava oltre le quattro mura di casa.
Per chi sapeva e voleva fare l’artista, invece, la strada era molto più tortuosa e incerta. Eppure qualcuna ce l’ha fatta a non essere soltanto la musa, o, più prosaicamente, la dedicataria di una sonata e di un foglio d’album, o ancora, più semplicemente, la moglie perfetta, che oltre a ricamare e cucinare sa anche suonare.
Donne caparbie, come Emilia Giuliani (1813-1850), che non si è arresa alle difficoltà che la vita le ha posto di fronte fin da subito: figlia illegittima, orfana a 4 anni della madre e a 16 del padre, quel Mauro Giuliani, straordinario e ammiratissimo chitarrista-compositore, che era stato per lei padre e maestro, e l’aveva fatta debuttare a Napoli con vivo successo. Nonostante tutto questo, Emilia ha perseverato nel fare la chitarrista e la compositrice, ed è riuscita, per esempio, a dividere da pari a pari un concerto con Franz Liszt a Firenze, ad esibirsi come solista con l’orchestra, non solo in Italia, ma anche a Vienna, e addirittura a pubblicare ben dieci suoi numeri d’opera da Giovanni Ricordi; erano gli anni fra il 1834 e il 1837, quando era davvero un caso anomalo trovare una donna come autrice in un catalogo di un editore.
Per Catharina Josepha Pelzer Pratten (1821-1895) le cose sembrano un po’ più semplici, probabilmente anche grazie ad un marito giusto: se Emilia Giuliani divise i suoi destini sentimentali ed artistici con Luigi Guglielmi, maestro di canto assai stimato, ma al tempo stesso artista dal carattere intransigente, incapace di adattarsi agli aspetti mercantili, di cui il teatro d’opera necessariamente si nutriva, diverso fu il destino di Catharina Pelzer. Figlia d’arte e bambina prodigio, si innamorò di un musicista che era anche un uomo di successo: si tratta del famoso flautista inglese Robert Sidney Pratten. Per lui Catharina lasciò la natia Germania, e divenne Madame Sidney Pratten, apparentemente appiattendosi a ciò che l’anagrafe pretendeva. Via il cognome, via il nome. Eppure, proprio tramite questo annullamento delle sue generalità, il suo talento riuscì a rifulgere, anche autonomamente da quello del suo compagno. Non dimentichiamo che in quegli anni anche nella civilissima Inghilterra una donna non poteva disporre dei propri redditi da lavoro, non poteva, in caso di separazione, avere la custodia dei figli, e, nell’eccezionale ipotesi in cui scrivesse libri, non poteva neppure incassare i relativi diritti d’autore. Catharina, da perfetta vittoriana, quando rimase vedova, nel 1868, in segno di lutto verniciò la sua chitarra di nero. Ma continuò senza soste la sua attività di concertista e di insegnante, ammirata da tutta Londra.
Più di cent’anni dividono le nascite di Emilia e Catharina da quella di Ida Presti (1924-1967).
Con lei siamo già in pieno Novecento, davvero un altro mondo, perché Ida fa parte della prima generazione di donne che ha conquistato il diritto di voto, fin dalla prima giovinezza. Ma non mancano le analogie con chi l’ha preceduta. Anche Ida fu un talento precocissimo: suo padre, da ammiratore di Andrés Segovia, le dava ogni giorno un nuovo spartito da suonare, ma lei, che era anche una bambina appassionata di fumetti, alla prima lettura già lo ricordava a memoria, per cui poteva ripeterlo tranquillamente, leggendo nel frattempo la sua rivista preferita, che teneva, insieme agli spartiti, sul suo leggio.
Significativamente, proprio Segovia, che la ascoltò ragazzina durante un’audizione, le disse di non ascoltare mai i consigli di alcuno, perché non ne aveva affatto bisogno.
E anche per Ida, concertista globetrotter già nell’adolescenza, c’è un uomo fatale, il chitarrista Alexander Lagoya, per il quale la straordinaria solista si convertì pressoché integralmente al repertorio per duo; tramite le trascrizioni, realizzate da Lagoya, di famosi brani originali per altri organici strumentali, questa coppia di artisti incantò le platee di tutto il mondo, e catalizzò l’attenzione di parecchi compositori sulle risorse e sulle peculiarità timbriche del duo di chitarre. La favola bella, purtroppo, durò molto poco, perché Ida, come Emilia, morì prematuramente.
Ma spero che non accada altrettanto alla loro memoria. Di donne e chitarriste.

Nicoletta Confalone, rodigina, ha compiuto gli studi musicali presso il Conservatorio Francesco Venezze di Rovigo, dove si è diplomata in chitarra sotto la guida di Francesco Biraghi.
In seguito ha studiato con Oscar Ghiglia, Ruggero Chiesa e Stefano Grondona.
Dopo la maturità classica, ha conseguito cum laude sia la laurea in Giurisprudenza all’Università di Ferrara, che la laurea in Musicologia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, sotto la guida di Giovanni Morelli.
Ha pubblicato un saggio su Schubert e la chitarra per la Fondazione Cini.
A compimento delle sue ricerche su Emilia Giuliani, pubblicate dalla rivista musicologica Il Fronimo, nel 2013 ha pubblicato la prima edizione dell’opera omnia di questa chitarrista-compositrice ottocentesca, con l’editore Robert Coldwell della DGA Editions, Texas.
«Essa legge, studia, impara», e lavora in banca.

Federica Artuso ha conseguito il diploma in chitarra e il diploma accademico di II livello, entrambi con il massimo dei voti, lode e menzione speciale, al Conservatorio di Vicenza, sotto la guida di Stefano Grondona. Ha partecipato a numerose masterclass, sia come solista, con Paul Galbraith, Laura Mondiello, Carlos Trepat, Andrea Dieci, Oscar Ghiglia, che come camerista, con Monica Huggett, Sigiswald Kujiken e ancora Oscar Ghiglia, ricevendo diplomi di merito e borse di studio da istituzioni quali la Fondazione Diocesana S. Cecilia di Brescia e l’Accademia Chigiana di Siena (sia come solista che in duo). Nel 2010 ha ottenuto il terzo premio alla 35^ edizione del Concorso Internazionale di Gargnano, ed è stata premiata anche in vari concorsi di esecuzione (Premio delle arti, Migliori diplomati d’Italia, Padova, Arezzo, Piove di Sacco). Ha tenuto recital in Italia e in Spagna, dedicati al compositore Mario Castelnuovo-Tedesco. Di questo autore ha inciso la Passacaglia per il cd La guitaromanie (produzione Conservatorio di Vicenza).
Come camerista ha registrato al Teatro Olimpico di Vicenza per un documentario su Palladio (Mestierecinema Venezia), e ha partecipato all’incisione di due dei tre cd dedicati a Villa-Lobos, realizzati da Andrea Bissoli per l’etichetta Naxos.
Nel 2006 ha fondato con il chitarrista Andrea Bissoli il duo Phédre Adroit, più volte premiato al Concorso Amici del Conservatorio (Vicenza, edizioni 2007 e 2008); la formazione, fra l’altro, ha realizzato con l’attore Adriano Marcolini Platero y yo, spettacolo per voce recitante e chitarra su testi di J. R. Jiménez e musiche di M. Castelnuovo-Tedesco.
Dal 2010 collabora con il Conservatorio di Vicenza come docente per i corsi liberi di chitarra.
Contemporaneamente agli studi musicali, ha conseguito nel 2006 all’Università di Padova la laurea di I livello in Filosofia con il massimo dei voti, e sta attualmente scrivendo la tesi per la laurea magistrale.
Paul Galbraith ha scritto di lei: «Il suo suonare è qualcosa di speciale, fuori dall’ordinario, raro, nel senso più profondo».

Come sempre, l'ingresso è gratuito.

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