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Itinerario da Rifugio Campolongo a Forte Campolongo

Itinerari per escursioni

Resti di fureria alloggio soldati Itinerari per escursioni e passeggiate: Da Rifugio Campolongo a Forte Campolongo

CARATTERISTICHE DEL SENTIERO

Il piazzale di Rifugio Campolongo è anche il punto di partenza. L'itinerario per il Forte è ben segnalato e l'attacco è subito prima del Rifugio, a sinistra, sentiero con divieto di transito. Fondo in ottime condizioni, fino al Forte appena ristrutturato.

COME RAGGIUNGERE IL PUNTO DI PARTENZA

ITINERARIO: Da Rifugio Campolongo a Forte Campolongo
 
Indicazioni tecniche
Grado di Difficoltà: Facile
Dislivello: 180 metri
Altitudine min: 1.549 m slm
Altitudine Max: 1.720 m slm
Lunghezza: 5 Km (Andata e ritorno)
Tempo di Percorrenza a piedi: 1,3h circa (andatura turistica)
Mezzi: a piedi

Partendo da Asiago si raggiunge Canove lungo la statale per Vicenza e alla rotatoria si prende per Roana (3,5 Km). Da Roana si attraversa Mezzaselva e in dirittura di Rotzo si seguono le indicazioni verso Monte Verena e Campolongo, girando subito a destra dopo la chiesa. Si sale per l'ottima strada asfaltata fino all'incrocio sulla sinistra ben evidente, per Campolongo.

Punto sosta auto: Parcheggio e Rifugio Campolongo

DESCRIZIONE DELL'ITINERARIO DA RIFUGIO CAMPOLONGO A FORTE CAMPOLONGO

L'attacco del sentiero per il Forte, parte 200 mt. prima del parcheggio del Rifugio, sulla sinistra, riporta il divieto di circolazione ed è assai ben indicato. Il fondo è in ottime condizioni e la salita agevole. Il sentiero era la vecchia mulattiera di collegamento fra la strada principale e il Forte, uno fra quelli tecnologicamente più avanzati e strategicamente meglio posizionati della linea difensiva italiana. Grazie al finanziamento dei fondi europei è stato perfettamente ristrutturato – in modo non invasivo – e fa parte dell' Ecomuseo della I Guerra Mondiale della Montagna vicentina.

Ovunque si rilevano le indicazioni bianco/rosse del CAI, oltre ad alcuni piccoli riquadri in legno con dipinta la colomba bianca simbolo europeo del “Sentiero della pace”. Tenersi sempre sulla mano destra, anche all'incrocio che scende a sinistra allo Spiazzo Garibaldi e a destra va in direzione del Forte. In breve, fra fitte abetaie e un mare lussureggiante di fiori di ogni specie (fra cui fiori rari e protetti come il giglio martagone e il giglio rosso, assieme alla digitale, a orchidee selvatiche e ad erbe officinali: menta, timo, origano, finocchio selvatico...un'infinità di colori e di intensi aromi), si giunge al bacino di raccolta-acque che era indispensabile per poter progettare e collocare una costruzione bellica in un'area a forte carsismo, com'è l'Altopiano.

Il bacino è abbandonato, ma ben delimitato da una palizzata. Superato il bacino si arriva ad una piazzola di sosta con panche all'ombra, per ristorarsi giusto un attimo. Pochi metri dopo il tornante si incontra quello che era l'alloggio ufficiali, oggi ristrutturato ad uso privato. Al tornante successivo si è in dirittura d'arrivo: il cancello posto ad impedire l'accesso ai veicoli, lo evidenzia. Ecco il piazzale antistante il forte: la maestosità dell'accesso lascia di stucco! (Oggi si può rilevare sulla destra - poiché è in fase di recupero - il corridoio di collegamento diretto alle cannoniere e il fossato sul retro).

Tabelle descrittive in acciaio Corten, perfette per l'ambientazione, accompagnano il visitatore, sia all'esterno che all'interno. Si imbocca giocoforza il tunnel scavato nella roccia, dall'ingresso sovrastato da fregi in marmo (com'era tipico dell'architettura militare dell'epoca) e, una volta entrati, si viene subito catturati dal tragico fascino del luogo. All'uscita del tunnel, fanno impressione lo spessore della roccia sovrastante e i dirupi che guardano la Valdastico.

La “piazza d'armi” porta direttamente alla costruzione fortificata lasciando sulla destra il punto di guardia e il tunnel per il trasporto su carrello delle munizioni direttamente alle cannoniere, per mezzo di un montacarichi. Sotto la piazza d'armi, i resti di quelle che erano la fureria, il deposito e gli alloggi della truppa. (L'illuminazione dei tunnel di accesso e delle scale è oggi alimentata da un pannello solare). L'edificio fortificato possiede una sua grazia oltre alla logica costruttiva, destinata al suo fatale scopo: l'offensiva al nemico che si trovava giusto di fronte, Forte Belvedere (Lavarone), Forti Cherle e Sommo (Folgaria), etc., ma avvantaggiato dall'altitudine, un dislivello notevole, anche di 1000 mt. (vedi Forte Verena). Il nemico, che doveva sparare da sotto in su, utilizzava però la potente tecnologia tedesca e una maggior potenza bellica e quindi di gittata.

Cupole

La costruzione, tutta concentrata attorno all'area di sparo, già dall'esterno rivela come le finestre di affaccio del primo piano siano in linea con la cupola sovrastante. Questo, perchè in caso di rottura del cannone fosse possibile attraverso pulegge, calarlo dalla finestra. La scala che dal primo piano (in cui si trovavano il comando, l'infermeria, il deposito munizioni e sacchetti di polvere vuoti, i servizi vari) accede alle 4 cupole attraverso una ripida scala. Una particolarità riguarda il sistema di comunicazione fra cupole e primo piano per il rifornimento continuo delle munizioni: si usava la posta pneumatica, attraverso condotti ancora visibili. Era l'unico metodo, se solo per un attimo si riesce ad immaginare quale dovesse essere il fragore, il polverone e il marasma che imperavano in fase di attacco. Si pensi che i serventi al pezzo usavano dei calzari particolari sovrascarpe in corda per non produrre attrito, quindi scintille, che potevano farli saltare in aria quando si spostavano.

Altra peculiarità dei forti di entrambi gli schieramenti il sistema di trasporto delle munizioni dalla Santa Barbara esterna - attraverso carrello su rotaia - al piano terra e da qui con un montacarichi al primo piano, quindi, con la puleggia, alle cupole. Le stesse, oggi perfettamente ricostruite in acciaio Corten, mostrano come fosse strutturata internamente l'area di tiro: le bombe avevano ciascuna un alloggiamento ben visibile, sul basamento di cemento, quasi un'enorme cartucciera. Le cupole erano lenticolari: attraverso un meccanismo di ingranaggi meccanici ruotavano in direzione dell'obiettivo e l'oblò si apriva, dopodichè, rientravano in posizione. Lo spessore: mezzo metro d' acciaio per varie tonnellate di peso. Il punto debole era il bordo esterno, più sottile. Se colpito, la cupola capottava letteralmente, come un'enorme tartaruga, zampe all'aria. Oltre alle 4 cupole, la torretta di avvistamento per l'alzo del tiro protetta da una piccola calotta. 

Sul tetto, una canaletta raccoglieva l'acqua piovana per dirigerla verso i conservoni. La carenza d'acqua era una costante e va sottolineato che l'acqua serviva anche per raffreddare in continuo i cannoni. Grave carenza strutturale di tutti i forti italiani, l'assenza di cemento armato che li rendeva fragili in confronto a quelli nemici, come si rileva nettamente nelle parti non ristrutturate. Attualmente è in fase di ripristino il condotto che dalla parte sommitale portava all'esterno del forte.

Itinerario Forte Campolongo

Bovini al Pascolo

I forti italiani sul territorio sono omogenei fra loro, tranne che per le dimensioni: il Campolongo è l'unico ad avere solo 4 postazioni, quindi è quello più ridotto. Fa sorridere – tragicamente – lo stile architettonico impresso a tutte le strutture, la leziosità e la cura dei particolari in pietra, con tanto di vascello medioevale e fossato, a ricordo dell'ultimo periodo in cui la nazione aveva costruito fortificazioni a scopo bellico...per combattere alla fine, in modo del tutto inadeguato, una guerra impossibile, una guerra che l'Italia non avrebbe mai vinto se il nemico non si fosse trovato a combattere anche sul fronte orientale! Le macerie e i tragici resti sparsi in tutta la catena alpina restano muta testimonianza della follia umana. Dopo aver visitato un forte e assorbito l'atmosfera che lo permea, il ritorno è sempre silenzioso, si ha meno voglia di scherzare e più di trar consolazione dalla vista dei boschi lussureggianti, dei pascoli sereni, dei miti bovini laggiù a ruminare...consapevoli che il futuro, lo indica il passato.
Il percorso a ritroso è veloce ed agevole e in mezzora riporta di fronte al parcheggio del Rifugio Campolongo, punto di partenza dell'itinerario.

Beppa Rigoni Scit

CURIOSITA' DURANTE IL PERCORSO : LA VORAGINE DELLO SCIASON

Dopo pochi minuti di camminata dal punto di partenza si raggiunge la "Voragine dello Sciason", una delle meraviglie naturali dell'Altopiano di Asiago, nota anche come "Caverna del Sieson". Questa cavità di origine carsica è un luogo magico e affascinante: una volta giunti al suo ingresso, si noterà che la voragine è così profonda (96 m) da non riuscire a scorgerne il fondo (nel quale è presente un "laghetto" ghiacciato tutto l'anno).
Un'altra caratteristica distintiva della Voragine dello Sciason è il grande foro che si apre nella volta della caverna, con un diametro di circa 6 metri, attraverso il quale si può vedere il bosco soprastante.
L'origine carsica della Voragine è evidente anche nelle rocce dell'area circostante, che aggiungono un tocco di mistero e fascino al luogo.
In definitiva, la Voragine dello Sciason è un luogo unico che merita di essere scoperto e apprezzato per la sua bellezza naturale e il suo fascino misterioso.
Per garantire la sicurezza dei visitatori, una palizzata metallica delimita la zona pericolosa.

"Profonda e larga caverna, che scende poi a forma di pozzo, nel cui fondo c'è ghiaccio tutto l'anno, quatunque se ne cavi continuamente e negli anni asciutti se ne estraggano da abbevarare gli animali delle malghe vicine. E' la più bella delle varie simili caverne che si trovano su questi monti". O. Brentari, 1885

Profilo piano altimetrico Itinerario Forte Campolongo

Alcune foto tratte dall'itinerario del Forte Campolongo:

Riproduzione riservata. Si declina ogni responsabilità nel caso di danni a persone e cose accaduti percorrendo questo itinerario.