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L'Altopiano visto dal cielo: la Val d'Assa

Pubblicata il 29 set 2017 alle 17.54
Ambiente e Natura
Valdassa in prossimita di Rotzo vista dal parapendio di Fabio Ambrosini Bress

Alla scoperta della Val d'Assa, sull'Altopiano di Asiago Sette Comuni

  •      Giornale l'Altopiano 23 settembre 2017
  • L’articolo è tratto dal numero del quindicinale L’Altopiano di sabato 23 settembre 2017, acquistabile in tutte le edicole dell’Altopiano.
     
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La Val D’Assa si estende per circa 25 chilometri dalla Piana del Vezzena fino alla Val d’Astico. La parte iniziale è percorsa dalla SP349 che dalle Vezzene porta ad Asiago, ma a circa 5 Km da Camporovere comincia a scendere e diventare un ambiente tutto da scoprire, ricco di fascino e mistero.

Anticamente questa valle era utilizzata per salire sull’altopiano e sarebbe interessante riuscire a ripercorrerla tutta ancor oggi. La Val d’Assa si presenta come una profonda frattura del tipo canyon-carsico di origine glaciale, formatasi durante la glaciazione di Wurm che fino a 10.000 anni fa modellò l’arco alpino. Il canyon attuale è dato dalla originaria presenza di un corso d’acqua più o meno regolare, dal successivo sollevamento del massiccio e dal conseguente abbassamento del letto dell’Astico, unito ad azioni di erosione di tipo fluviale prima, e carsico poi.
Il carsismo infatti condiziona in modo determinante l’idrografia dell’altopiano, in quanto le acque meteoriche trovano immediatamente la via di penetrazione nel sottosuolo, perciò la presenza di corsi d’acqua superficiali è un evento assai raro. Il Ghelpach, torrente che nasce sul versante occidentale del Monte Longara, nel comune di Gallio, attraversa la conca asiaghese e confluisce in Val d’Assa, formando un vero e proprio canyon, profondo 350 mt. circa. 

Nella valle confluiscono altri impluvi, come la Valdesele, che origina dal deposito fluvioglaciale prewurmiano su cui sorge l’abitato di Roana, in passato utilizzata per far funzionare un mulino per la macinazione di cereali o la Pachaltal, sulla destra orografica, a Rotzo, la cui acqua compie un salto sulle cengie rocciose, formando (dopo abbondanti piogge) delle cascate, cosa rara nel paesaggio altopianese.

Il bosco occupa oltre tre quarti della superficie della Val d’Assa, soprattutto il fondovalle e i versanti scoscesi. Nelle aree a valle dei centri abitati prevalgono i prati ed i pascoli. Il clima, la quota ed il suolo plasmano diversi tipi di bosco. La vegetazione è molto varia, si passa dall’abete bianco, rosso, al faggio, al frassino, all’acero di monte. Lo strato arbustivo vede la presenza del caprifoglio il salicone, e molte altre. Meritano di essere ricordati tra gli aspetti floristici la Madreselva alpina, la Lattuga montana e l’Orchidea macchiata.

Anche la fauna è ben presente in valle. Numerose le specie di mammiferi, anfibi, rettili e uccelli che vivono negli svariati ambienti del piccolo canyon. Tra quelli che spesso possono essere avvistati dall’uomo, il capriolo: abituale frequentatore dei prati-pascoli ricchi di alimento ai margini del bosco, in particolar modo sotto la “Cattedra” a Canove. E’ possibile osservarlo all’alba o verso il tramonto, alla ricerca dell’erba più fresca. Se ci si siede al limite dei dirupi del Bisele (praticello in Cimbro) che si affacciano sulla valle del Ghelpach vicino alla confluenza con la Val d’Assa oppure sulla sommità delle rocce che scendono a strapiombo sulla strada del Piovan, tra Rotzo e Pedescala e si aspetta pazientemente, è possibile vedere i rapaci diurni e anche il Gufo reale, rapace notturno piuttosto raro che domina il canyon.

Ma quando si parla di Val D’Assa non si può omettere la Preistoria di questo luogo selvaggio. La Val d’Assa racchiude le tracce più suggestive degli uomini altopianesi delle epoche più remote.
Le prime tracce della presenza dell’uomo si trovano proprio in questa valle: risalgono al Paleolitico medio, nella fase della glaciazione di Wurm, tra i 50.000 e i 35.000 anni fa. In passato sono stati rinvenuti materiali in una piccola grotta, manufatti litici e resti di animali (tra cui l’Orso delle Caverne) nei siti denominati Cava degli Orsi e Grotta Obar de Laute, in località Bisele, lungo il fianco destro della valle del Ghelpach.
Sono numerosi i siti caratterizzati dalla presenza di incisioni rupestri, per la maggior parte eseguite su rocce verticali e su ripari sotto roccia. L’area del Tunkelbald (in cimbro “bosco nero”) cioè quella con maggior concentrazione di segni, ha tutto l’aspetto e le caratteristiche di un’area culturale dove periodicamente qualcuno si recava ad incidere. La Val d’Assa era quindi area sacra, un ambiente legato al culto al quale probabilmente, in determinate occasioni, convenivano non solo le genti di stanza sull’Altopiano ma anche altre, provenienti da aree limitrofe, per celebrarvi i riti propiziatori.

L’avvento della Serenissima (anno 1404) favorisce, in Val d’Astico e sugli adiacenti altipiani, un intenso sviluppo economico ed un rilancio delle attività artigianali e commerciali. La Val d’Astico diventa un’importante via di transito per i prodotti che dagli altipiani scendono in pianura: attrezzi di legno lavorato, pelli, lana grezza, formaggi, carbone e soprattutto legname.
La più importante via di transito per il legname era la Val d’Assa: per l’Altopiano dei 7 Comuni, il centro di Pedescala rappresentava il porto fluviale della Val d’Astico, come Valstagna lo era per la Val Brenta. Per secoli, da Pedescala, il legname veniva fatto fluitare fino a Passo di Riva da dove, con carri, veniva portato a Vicenza e quindi per il Bacchiglione verso Padova fino alla darsena di Venezia. In seguito all’estendersi del diritto di pensionatico nel territorio della Serenissima a favore dei pastori dell’Altopiano, diventò pure ingente il numero delle greggi che transitavano per la vallata.

A tutte queste attività commerciali devono aggiungersi quelle che erano sorte già da tempo legate alla presenza d’acqua nel fondo valle (mulini, segherie,
filande). La gente dell’Altopiano scendeva in valle per fruire di questi servizi, creando una fitta rete di collegamenti: il Sentiero del Raparo e la Mulattiera salivano alle contrade di Conca; il sentiero da Albaredo portava a Rotzo; la mulattiera di fondo della Val d’Assa fungeva da asse di collegamento; le strade del Castagnero e della Sbarra portavano a Roana, Camporovere e Canove; la mulattiera delle Banchette saliva da Pedescala a Castelletto, esternamente alla Val d’Assa.
L’alluvione del 1966 ha in parte distrutto questi collegamenti e, a risentirne maggiormente, è stata la mulattiera di fondo valle, da sempre usata per il trasporto del legname e della carbonela prodotta in loco.

La Val D’Assa, con le sue “leggende” e misteri, da sempre ha affascinato l’uomo dell’Altopiano, e ancor oggi non manca di conquistarne l’anima con la sua “naturale bellezza”. In alcuni periodi dell’anno, in particolar modo nel tardo autunno, dagli abissi della valle ergono in superficie le maestose nubi da “avvezione” coprendo interamente la valle di nuvole bianche, dove per un attimo ti sembra di “volare”.

Foto e testo di Fabio Ambrosini Bres

Riproduzione riservata.
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